Sono le cinque, un vecchio clochard mi si avvicina:
- “Bambina che ci fai ancora qui?”
- “Aspetto il mio treno …”
- “Ne sono passati parecchi da quando sei arrivata.”
- “Si ma il mio ancora no”
- “il tuo dov’è diretto?”
- “Alla felicità”
Il vecchio sibila un asmatico fischio che ha la pretesa d’essere considerato una risata , la puzza d’alcool che esala mi investe e mi disgusta.
- “ Che vuoi capire tu?! Sei fatto di vodka!”
- “Lo so, ma io ne sono consapevole, tu sei fatta e non lo sai..”
- “ Che dici vecchio?”
- “La tua felicità rende schiavi al pari della mia bottiglia, lei ti fa star bene, ma ha gli stessi effetti di una droga e assuefatta dal suo sapore ne vuoi sempre di migliore, di più, di più forte. La dipendenza da felicità è irrefrenabile , l’attrazione per quella sensazione di leggera euforia ti ha conquistata , ormai non puoi più farne a meno.”
Vorrei concentrarmi su ciò che dice, ma mi sorprendo invece a spiare la marca della vodka che beve … la sua bottiglia è ancora nuova ed io c’avrei quasi sete. Invece lui , ignorando quella regola della buona educazione che vorrebbe me ne offrisse un po’, continua:
- “ I bambini raccolgono felicità a piene mani in ogni cosa: un salto e toccano il cielo, un pallone che rotola nell’asfalto e sono invincibili, due ruote senza motore li rende padroni del mondo.
La felicità è subdola. Ti rende schiava a poco a poco. Le cose o le azioni che ti rendono felice ti imprigionano e senza una vera e propria consapevolezza, le ripeti per trarne piacere, le ami, le usi, le consumi fin che un giorno non ti accorgi di portartene appresso soltanto lo scheletro, in una parola: le hai divorate! È questo il momento in cui cerchi di sbarazzarti di questi scheletri diventati abitudine e dannatamente ti rimetti alla ricerca di quel nuovo che plachi la tua insaziabile fame di felicità.
Immaginando d’essere padrone di te stesso, passi una vita a cercare la felicità per possederla e invece sei schiavo di una dipendenza che ti obbliga a cercarla.”
Il mio sguardo sta sbavando sul collo della sua bottiglia e lui dev ’ essersene accorto, perché si allontana dicendo: